La strutturazione digitale dei dati ('
grado di digitalizzazione D 3') permette un'analisi semantica differenziata delle espressioni linguistiche registrate, in quanto le sinonimie, le polisemie e le omonimie possono essere individuate tramite il collegamento delle 'denominazioni' con i '
concetti', il quale si sviluppa sotto forma di ''relazioni n:m'':

Grafica a cura di Stephan Lücke
Analizzando le relazioni di concetto che emergono, si può abbozzare il profilo semantico sincronico di ogni espressione polisemica. Elenchiamo adesso le più importanti espressioni di polisemia:
- Si parla di polisemia
tassonomica quando un'espressione denomina sia dei concetti gerarchicamente superiori, sia quelli subordinati;
- Si parla di polisemia
meronimica quando un'espressione denomina sia insiemi complessi di cose diverse ('tutto'), sia i costituenti di queste relazioni ('parti'); così, l'ALPEGGIO, la parte più importante della montagna per i contadini, viene spesso denominato semplicemente 'monte':
Cfr. carta concetto ALPEGGIO
Relazioni meronimiche del concetto ALPEGGIO come parte della montagna per applicazione della denominazione del tutto:
 |
tipo morfo-lessicale montagna (roa. fem.) (16 attestazioni) |
 |
tipo morfo-lessicale monte (roa. m.) (67 attestazioni) |
Dall'altro lato, l'ALPEGGIO inteso come insieme, ossia 'tutto' economico (con tutto ciò che vi appartiene), può essere denominato con espressioni le quali, in realtà, rimandano solo ai componenti dell'alpeggio:
Cfr. carta concetto ALPEGGIO.
Denominazioni meronimici del concetto ALPEGGIO come 'tutto' per applicazione della denominazione di componenti:
- Si parla di polisemia
metonimica quando un'espressione si riferisce a concetti che denominano diverse 'parti' all'intero di un 'tutto'; così il BESTIAME, gli EDIFICI per il PERSONALE e per il bestiame, un RECINTO ecc. fanno parte dell'ALPEGGIO (fra le altre cose). Tutte le componenti menzionate possono essere denominate in diversi dialetti locali romanzi dal tipo morfo-lessicale
roa. mandra:
Cfr. carta.
Significati metonimici del tipo morfo-lessicale
roa. mandra:
- Si parla di polisemia
metaforica se un'espressione denomina concetti di campi diversi che non sono in relazione tra di loro. Un esempio è offerto dal concetto di PANNA che viene denominato con le seguenti metafore o paragoni metaforici:
Vgl. Karte- come 'capo': capo (roa. m.), (19 attestazioni), oltre a capo di latte (roa.) (12 attestazioni), il capo del latte (roa.) (1 attestazione)
- come 'fiore': fleur / fiore (roa. m.) (15 attestazioni), fiora (roa. fem.) (17 attestazioni), oltre a fiora cruda (1 attestazione), letteralmente 'fiore crudo', fiore di latte (roa.) (2 attestazioni)
- come 'pelle': Haut (ger. m.) (2 attestazioni), peau / pelle (roa. fem.) (1 attestazione), la pelle del latte (roa.) (1 attestazione)
- come 'pelliccia': pelliccia (roa. f.) (2 attestazioni), Pelz (gem. m.) (4 attestazioni)
- come 'nebbia': sbrumacje (roa. fem.) (2 attestazioni), sbrume (roa. m.) (11 attestazioni)
- come 'schiuma': écume / schiuma (roa. f.) (2 attestazioni), spuma (roa. fem.) (1 attestazione), spumacje (roa. f.) (1 attestazione)
- come 'tela': toile / tela (roa. m.) (14 attestazioni), oltre a tela del latte (roa.) (1 attestazione) e tela di latte (roa.) (5 attestazioni)
Il terzo tipo dimostra magnificamente come le metafore possano essere diffuse anche oltre i confini delle famiglie linguistiche: in questo caso, il ted.
Pelz e il
roa. pelliccia rappresentano lo stesso tipo di base, cioè il latino
pellīcia, la forma femminile di un aggettivo denominale derivato dal
lat. pellis 'pelle'.
Cfr. Carta.
- Si parla, infine, di polisemia antonimica quando un'espressione denomina concetti in contrasto uno con l'altro.
Naturalmente, un'espressione può anche denominare diverse relazioni semantiche come dimostrano in modo esemplare i concetti legati al tipo di base malg- in diverse varietà romanze:

romanzo (ISO 639-5)
femminile
maschile
germanico (ISO 639-5)
latino (ISO 639-3)
(
auct. Thomas Krefeld –
trad. Susanne Oberholzer)
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traduttore
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Linguistica La linguistica diacronica ('linguistica storica') distingue due costellazioni storiche di contatto linguistico (
cfr. Krefeld 2003), entrambe fondate sullo spazio e basate sulla lingua parlata nell'area in questione nel periodo di analisi. Questa lingua viene, talvolta, denominata 'strato' o 'di strato':
le lingue parlate in passato nell'area d'indagine ('strati più vecchi') sono denominate 'sostrati' o 'lingue di sostrato'. Nel corso del tempo, esse sono state sostituite dallo strato, ossia quella lingua che è al centro della linguistica storica; le lingue giunte in un secondo momento nell'area d'indagine, attraverso la conquista dei territori, e che si sovrapposero alla lingua in questione per un certo periodo, vengono denominate 'superstrati'. Queste lingue non sono, però, riuscite ad imporsi e a sostituire le lingue sovrapposte, e sono scomparse dopo un periodo più o meno lungo, ad esempio a causa di cambiamenti politici: è questo il caso dell'indebolimento del superstrato tedesco delle aree romanze e slave dell'Austria-Ungheria, avvenuto a seguito del crollo di questa struttura nazionale dopo la prima guerra mondiale.
Si parla, allora, di sostrati e superstrati solo in un'ottica retrospettiva, cioè dal punto di vista di un tempo in cui le lingue in questione non vengono più parlate nell'area d'indagine. Per questa ragione, devono spesso essere superati dei grandi lassi di tempo in modo che ci si orienti senza esitazioni ai sistemi linguistici, e si ricerchi all'interno di questi mutamenti causati da contatto linguistico. Per la piena comprensione di fenomeni di contatto linguistico è, tuttavia, decisivo il periodo storico del bilinguismo, cioè il periodo in cui le due lingue venivano parlate l'una accanto all'altra, oppure l'una con l'altra nel territorio in questione. Queste lingue parlate contemporaneamente vengono definite come 'adstrati'. Ciò significa che si deve passare a una prospettiva sincronica che non può essere limitata alle 'lingue', ma che deve prendere in considerazione anche il 'parlante' con la sua competenza specifica e, magari, persino l'enunciato concreto, il 'parlare'. Sebbene ciò risulti, spesso, impossibile nella prospettiva storica, in linea di principio è necessario tenerne conto nella ricostruzione della
stratigrafia, poiché un enunciato di un parlante bilingue deve essere analizzato ed interpretato in modo diverso rispetto a quello di un parlante monolingue.
Krefeld, Thomas (2003): Methodische Grundlagen der Strataforschung, Berlin/ New York, in: Ernst, Gerhard (Hrsg): Romanische Sprachgeschichte, DeGruyter, 555-568
confronta (vedi)
(
auct. Thomas Krefeld –
trad. Susanne Oberholzer)
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Linguistica In generale
Le Alpi sono un'area di contatto linguistico variegato fin dai tempi preistorici. I contatti linguistici ivi presenti risalgono a costellazioni stratigrafiche eterogenee (cfr. Krefeld 2003). In linea di principio, all'interno di un'area in cui si trovano parlanti o persino comunità di parlanti più o meno bilingui, le lingue in contatto tra loro vengono denominate ''adstrati''. Se un tipo di base è diffuso soltanto in una determinata area, come spesso accade nelle Alpi, e non esiste nel resto delle famiglie linguistiche coinvolte, non risulterà chiaro individuare né la direzione del prestito né la lingua d'origine (cfr. il tipo di base roa. baita / ted. Beiz, Beisl).
Se la lingua d'origine del prestito non viene più parlata nella zona di diffusione (o in parte di essa), si distinguono due possibili costellazioni: nel caso del sostrato, la lingua d'origine (detta appunto ''lingua di sostrato'') veniva parlata nella zona di diffusione prima che la
continuità della sua tradizione orale fosse interrotta dall'affermazione di un'altra lingua dominante; il romanzo, ad esempio, è lingua di sostrato per tutta l'attuale regione alpina di lingua tedesca e slovena. È vero che le parole di sostrato presuppongono cambi di lingua, ma spesso si distinguono comunque grazie ad una straordinaria continuità regionale o locale.
Nel caso del superstrato, invece, la lingua di origine ha dominato per un certo periodo nella zona di diffusione senza, però, riuscire ad affermarsi in maniera duratura. Si spiega, così, perché in alcune parti della regione alpina in cui oggi si parlano le varietà romanze, dopo il crollo dell'infrastruttura romana, predominavano temporaneamente dei superstrati germanici (il gotico, il longobardo); in Slovenia, ad esempio, il tedesco aveva la funzione di lingua di superstrato durante il periodo degli Asburgo.
Tra le tre famiglie linguistiche di cui sopra si svilupparono tre scenari del tutto diversi tra loro. Riguardo all'importanza del contatto linguistico per la storia dell'area linguistica, è soprattutto la cronologia del prestito ad essere decisiva: ci si domanda, ad esempio, se nel caso di parole romanze nell'area germanica e in quella slava, si sia trattato di parole di sostrato con una continuità di tradizione regionale dall'antichità, o di prestiti più recenti di tipo adstratico. La stessa domanda vale
mutatis mutandis per i germanismi in area romanza e slava, e per gli slavismi in area tedescofona e romanza.
I prestiti sono affidabili indicatori dei diversi processi di acculturazione storica ed è, quindi, utile presentarli in modo quantitativo affinché si mappi con precisione topica la loro frequenza d'attestazione. La direzione di acculturazione non è, però, sempre evidente: spesso dei prestiti nati in controtendenza coesistono in ambiti onomasiologici strettamente definiti. Il seguente grafico schematizza la cosiddetta 'sfida stratigrafica' e differenzia le aree in cui oggi sono parlate sia le lingue romanze che lo sloveno ed il tedesco, a seconda delle lingue di sostrato e di superstrato; le sfere simboleggiano, inoltre, i gruppi di parlanti poliglotti in costellazioni adstratali.
Contemporaneamente si mostra la particolare importanza della romanizzazione (
cfr. Märtin 2017, 102-129), la quale, pur con intensità diversa, interessò l'intero territorio alpino e, di conseguenza, mediò con le antiche varietà preromane. Sebbene questa ipotesi sia in sé problematica, non si può escludere un contatto diretto tra parlanti di lingue preromane e parlanti delle lingue temporalmente successive delle zone latino-romane (slavo e germanico).

Il compito centrale dello studio storico delle parole consiste nel riportare in modo preciso e a livello stratigrafico i presunti prestiti. Il prestito in controtendenza
Schmalz dal tedesco > al
roa. smalzo e quello dal
lat.-
roa. butyrum > al tedesco
Butter, così come anche gli ulteriori prestiti in sloveno >
puter, possono essere schematizzati come segue:

Il periodo preromano
La moderna distribuzione delle famiglie linguistiche nell'area di ricerca di VerbaAlpina fa sì che le Alpi appaiano come una sorta di enorme barriera, nella misura in cui essa va a separare grosso modo i territori di lingua tedesca (a nord) e di lingua slava (a sud) dalle aree romanze (Link). L'Alto Adige di lingua bavarese che si estende a sud lungo la principale dorsale alpina sembra quasi essere un caso a sé; da una prospettiva storica, tuttavia, questa 'visione' risulta fuorviante in quanto le iscrizioni di epoca preromana, le più antiche testimonianze linguistiche ritrovate, si presentano in un alfabeto in gran parte identico in tutte e tre le aree:

Fonte
La diffusione di questi testi non ancora decifrati spesso definiti come iscrizioni retiche (si confronti Schumacher 2004) si estende dal nord delle Alpi (Steinberg am Rofan, vicino l'Achensee) fino a Padova e può essere pienamente compresa se inquadrata nel contesto culturale che le attraversa:
Nello stesso alfabeto furono grosso modo scritti anche altri documenti etruschi raccolti da VerbaAlpina; essi sono chiaramente da ricondurre all'antico alfabeto greco occidentale.
Il periodo romano
I romani conquistarono l'area centrale delle Alpi nel periodo compreso tra il 25-15 secolo a.C.; il 'Tropaeum Alpium' a La Turbie, al di sopra di Monaco, riporta di ben 46 tribù conquistate, i cui nomi si sono talvolta conservati fino ad oggi. Dell'iscrizione si conservano solo pochi frammenti, ma è possibile ricostruire la storia completa tramite la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (3, 136-137):
"Imperatori Caesari divi filio Augusto / pont(ifici) max(imo) imp(eratori) XIIII trib(unicia) pot(estate) XVII / senatus populusque Romanus / quod eius ductu auspiciisque gentes Alpinae omnes quae a mari supero ad inferum pertinebant sub imperium p(opuli) R(omani) sunt redactae / gentes Alpinae devictae Trumpilini Camunni Vennonetes Vennostes Isarci Breuni Genaunes Focunates / Vindelicorum gentes quattuor Cosuanetes Rucinates Licates Catenates Ambisontes Rugusci Suanetes Calucones / Brixentes Leponti Viberi Nantuates Seduni Veragri Salassi Acitavones Medulli Ucenni Caturiges Brigiani / Sogiontii Brodionti Nemaloni Edenates (V)esubiani Veamini Gallitae Triullatti Ectini / Vergunni Egui Turi Nemeturi Oratelli Nerusi Velauni Suetri" (Fonte: Epigraphik-Datenbank Clauss / Slaby)
La seguente panoramica riporta un elenco di denominazioni che possono essere facilmente identificabili con quelle attuali:
Nomi citati nel Tropaeum Alpium |
Denominazioni attuali |
Geo-dati (latidudine; longitudine) |
Trumpilini |
Val Trompia |
45°44'5.87"N ; 10°12'2.20"E |
Camunni |
Val Camonica |
45°57'17.71"N ; 10°17'21.08"E |
Vennonetes |
Vinschgau |
46°39'44.81"N ; 10°34'39.75"E |
Venostes |
|
46°39'44.81"N ; 10°34'39.75"E |
Isarci |
cfr. i nomi dei fiumi Isère, Isar, Isarco (= ted. Eisack |
47°23'13.25"N ; 11°16'30.42"E |
Breuni |
Brenner |
47° 9'59.75"N ; 11°25'0.14"E |
Licates |
nome di fiumeLech (lat. Likias [II secolo d.C.], successivamente Licca [570 d.C.] |
|
Brixentes |
il nome del comuneBrixen |
47°30'2.70"N ; 9°44'32.31"E |
Leponti |
Val Leventina |
46° 6'47.60"N ; 8°17'31.10"E |
Seduni |
Sitten nel canton Vallese, Svizzera |
46°13'59.25"N ; 7°21'37.80"E |
Caturiges |
il nome del comune Chorges (Da Hautes-Alpes) |
44°32'44.67"N ; 6°16'31.60"E |
Brigiani |
il nome del comune Briançon | (Dép. Hautes-Alpes)
44° 53′ 47″N, 6° 38′ 08″E |
Ectini |
il nome del fiume Tinée |
43°55'0.23"N ; 7°11'14.69"E |
Vergunni |
il nome del comune Vergons (Da Alpes-de-Haute-Provence) |
43°19'23.90"N ; 6°17'3.20"E |
Sulla scia della conquista, i romani istituirono diverse province geograficamente in linea con la Gallia Cisalpina; questi insediamenti potevano trovarsi sia, per l'appunto, sulle Alpi (Alpes Maritimae, n. 3 nell'immagine; Alpes Cottidae, n. 2; Alpes Poeniae anche: Alpes Graiae, n. 1) che poco più avanti, oltrepassando il nord delle Alpi Raetia, Noricum):

Province romane alpine (frame estratto dalla seguente fonte)
La suddivisione provinciale romana in area alpina non è del tutto facile da ricostruire in modo dettagliato; risulta soprattutto complesso tracciarne la distribuzione dal punto di vista etno-linguistico. Una grossa incognita è rappresentata dai Raetii 'Reti', che diedero il nome ad una delle due più grandi province in area alpina. Di questa popolazione sappiamo molto poco e solo a livello archeologico, fatta eccezione per il fatto che essa non faceva parte dei popoli indogermanici – questione su cui tutti i ricercatori sono concordi senza alcun dubbio (sul tema, cfr. Jürg Rageth in HLS). Ci si domanda se i Reti possano essere identificati con gli Etruschi, in quanto l'esistenza di iscrizioni alpine in alfabeto etrusco indicherebbe una relazione con questa popolazione. Le località dei ritrovamenti, tuttavia, non coincidono con i confini provinciali ed è men che meno presente una corrispondenza tra il territorio della Raetia ed i centri abitati dai Reti; sotto questo aspetto non è neanche chiara la successiva suddivisione di quelle che sarebbero, poi, state la province romane della Raetia prima, con Curia come capitale (oggi conosciuta come Coira), e Raetia secunda, con capitale Augusta Vindelicorum (oggi Augusta). I ritrovamenti di Coira risalenti all'ultimo secolo a.C. "sembrano rinviare a una manifestazione culturale di stampo celtico piuttosto che retico" (HLS, Jürg Rageth), e quelli che nel Tropaeum Alpium vengono menzionati come Vindelici vengono definiti dai ricercatori come Celti; si può, inoltre, notare la continuità nel nome della provincia Raetia nell'attuale nome del paesaggio del Ries (cfr. la carta sulle iscrizioni romane che interessano la zona a nord-ovest di Augusta).
In ogni caso è possibile dedurre che la zona alpina del Nord fosse ampiamente romanizzata, più dei luoghi montani; sembra dunque ragionevole pensare che durante il periodo tardo-romano ci fosse una forte somiglianza tra l'area settentrionale e quella meridionale delle Alpi, e che questa fosse molto più forte rispetto alle zone 'prealpine' e l'area montana. Resta irrisolta la considerevole questione della durata delle lingue preromanze dopo l'inglobamento da parte dell'Imperium Romanum delle aree da queste interessate. È presumibile che gli invasori o gli immigrati germanici e slavi non abbiano avuto contatti solo con le popolazioni di lingua latina/romana, ma anche con le popolazioni celtiche. Sebbene sia difficile valutare effettivamente questa possibilità, in questo caso si sarebbero potuti trasmettere elementi linguistici dalle lingue preromanze (sicuramente da quella celtica) direttamente al germanico e allo slavo. In linea di principio bisogna, tuttavia, anche presupporre che elementi preromanzi (presentati, però, in forma romanza) siano stati successivamente trasmessi negli strati tardo-romanzi.
Le scoperte archeologiche sui Leponti sono particolarmente interessanti ed istruttive riguardo ad un diverso tipo di romanizzazione, forse avvenuta debolmente solo nelle zone interne delle Alpi:
"In seguito all'espansione romana nella pianura padana, dal II sec. a.C. i Leponti entrarono gradualmente in contatto con usanze e costumi di tipo romano, tornando a svolgere, in un contesto storico profondamente mutato, la funzione di intermediari tra nord e sud delle Alpi. In seguito alle campagne militari di Augusto (dal 35 al 15 a.C.), volte a sottomettere le pop. alpine per assicurare i transiti commerciali e militari attraverso le Alpi, i Leponti furono integrati nel sistema amministrativo ed economico romano. Nonostante i profondi processi di acculturazione, alcuni elementi tradizionali dei Leponti (in particolare nell'abbigliamento femminile e nel rito funerario) sopravvissero fino al II-III sec. d.C.''. (Gianluca Vietti, HLS)
In ogni caso, al fine di comprendere quali siano stati i possibili scenari di contatto linguistico, ha senso includere nel database i dati storici geo-referenziati, come, ad esempio, i diversi reperti archeologici, l'indice stradale tardo-antico della cosiddetta Tabula Peutingeriana (Link_1, Link_2), i passi alpini romani, l'epigrafia romana e così via. Questa carta mostra, dunque, da un lato che gli antichi monasteri eretti nell'area bavarese e i primi ritrovamenti germanici erano fondati sull'infrastruttura romana (iscrizioni, antichi nomi di luogo o l'antica denominazione alto-medievale dei romani, Walchen); dall'altro dimostra che è proprio in queste aree densamente popolate che potrebbero esserci plausibilmente stati dei prestiti antichi, come sottolineato dall'esempio di caseareus, -a.
Krefeld, Thomas (2003): Methodische Grundlagen der Strataforschung, Berlin/ New York, in: Ernst, Gerhard (Hrsg): Romanische Sprachgeschichte, DeGruyter, 555-568
Märtin, Ralf-Peter (2017): Die Alpen in der Antike. Von Ötzi bis zur Völkerwanderung. Mit einem Nachwort von Christoph Ransmayr, Frankfurt am Main, Fischer
Schumacher, Stefan (2004): Die rätischen Inschriften. Geschichte und heutiger Stand der Forschung, Innsbruck, Institut für Sprachwissenschaft der Universität Innsbruck
confronta (vedi)
romanzo (ISO 639-5)
latino (ISO 639-3)
neutro
Historisches Lexikon der Schweiz
(
auct. Thomas Krefeld –
trad. Alessia Brancatelli | Monika Hausmann | Thomas Krefeld | Susanne Oberholzer)
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Linguistica